lunedì 17 marzo 2008

LA MORTE DI ORLANDO


LA MORTE DI ORLANDO

Un testo per menestrello e pupi, liberamente tratto da
“La chanson de Roland”


















Siracusa gennaio 2008



Personaggi
Menestrello

Pupi
La Morte
Carlo Magno
Tre angeli

Cristiani
Orlando, paladino
Carlo Magno, Re dei Francesi
Turpino, vescovo
Oliviero, paladino
Astolfo, paladino
Aquilante, paladino
Ruggiero, paladino
Anselmo, paladino
Gano di Maganza, paladino
Alda, fidanzata di Orlando
Namo, vecchio cavaliere cristiano

Saraceni
Marsilio, emiro saraceno
Aelrotte, nipote di Marsilio
Falsarone, fratello di Marsilio e duca saraceno













Primo Tempo






Prologo

Scena I
Menestrello

A sipario aperto: campo di battaglia di Roncisvalle; corpi di paladini e saraceni distesi per terra, morti. Il corpo di Orlando è posto sul lato destro della scena, appoggiato sopra una grande roccia, sotto un albero; accanto giace il corpo di Oliviero.
Luce fredda (blu, viola, verde). Musica lenta, di tipo medievale, vagamente triste.
Entra dalla sala un menestrello, vestito in modo sobrio. Con lenti movimenti, guardando lo scempio di cadaveri sopra il palco, accompagnandosi con la chitarra, intonerà questo canto.

Menestrello Stolti gli uomini che muoiono
per la gloria di altri uomini.
L’arroganza e il potere uccidono
più delle spade.
Ma è forse più bella la morte
se un Dio la vuole?
Ed è più sacro il suolo dove giace
il corpo esanime del martire?

Quanti corpi abbandonati su queste pietre:
contorti, mutilati, esangui!
Quanti uomini forti e coraggiosi
si sono scontrati qui, con ruggiti di leone,
ciechi d’ira e di menzogne,
ferro contro ferro, lama contro lama,
sangue contro sangue!

Oh, Roncisvalle, altare di Dio!
Oggi sulla tua terra è stata celebrata
una messa di martirio e nel nome di Cristo
un calice di sangue è stato versato
dalla migliore gioventù di Francia.





Rappresentazione con i pupi

Scena I
La Morte e Re Carlo

Morte: Ecco, solo ora giunge Carlo, il grande Re di Francia. Giunge per contare solo i morti!

Carlo: (Può essere vestito con armatura o con abiti regali; avrà in ogni caso il mantello di porpora e la corona in testa. Entra lentamente, affranto)
Morti, tutti morti! Morti i miei paladini, amatissimi figli! Morti per la mia ingenuità! Mia è la colpa, mio tutto il dolore! Orlando, dov’è il conte Orlando, il mio amato nipote?

Morte: È disteso sopra quella roccia. Dorme anche lui il sonno dei giusti.

Carlo: Chi sei tu che sola parli, viva, in mezzo ai morti?

Morte: Neanch’io sono viva. Sono un fantasma; io sono la Morte che viene a raccogliere i corpi di questi sventurati. Le loro anime sono già in Paradiso e l’anima di Orlando è stata portata in cielo da due arcangeli, Gabriele e Michele, insieme all’angelo Cherubino.

Carlo: (avvicinandosi al corpo di Orlando e gridando)
Orlando, mio valoroso paladino, amato nipote, perché hai suonato il corno con così colpevole ritardo? Perché tutto questo sangue, mio Dio? (piange). É mia la colpa, io sono stato ingannato, tradito da Gano di Maganza. Vile! Avrai il castigo che meriti!
Ma ora nel mio cuore non c’è posto per la vendetta; ora il mio cuore è un mare di pietà per questi miei paladini sventurati.
Nascerà mai nelle case di Francia una gioventù d’eroi come questa, il miglior vanto d’ogni corte? O tutto è finito e una notte senza fine avvolgerà i cuori e le menti delle nuove generazioni, un lungo silenzio della fede e dell’onore?
Oh, miei paladini, figli del mio dolore! Orlando, Oliviero, Ruggiero, Grifone, Astolfo, Aquilante, siete tutti morti, freddi come la pietra, come questa pietra cupa e spoglia che s’apre nel fianco della montagna.
Roncisvalle! Sarai tu per sempre il segno più alto della fede di Francia, tu sarai l’onore più grande del mio regno, il simbolo d’un martirio che parlerà ai cuori di tutti gli uomini.
Affido ai poeti la tua memoria e a Dio tutte queste croci.

Morte: Vieni, o re potente, lascia a me il compito della sepoltura; vieni Carlo, allontanati da questo cimitero e dimmi invece come avvenne questo scempio, perché giunse così tardi il tuo esercito.

Carlo: Ti racconterò ogni cosa, affinché tutti sappiano del sacrificio di Orlando e degli altri cavalieri; e sappiano anche di come l’invidia e il tradimento portino l’uomo al disonore e all’assassinio.
Per sette anni ho portato guerra in Spagna, combattendo contro i pagani dell’emiro Marsilio. Ho sottomesso quasi tutta la Spagna, tranne alcune città, fra cui Saragozza, dove si è rifugiato Marsilio con altri due re pagani, Bulugante e Falserone. Prima di sferrare l’attacco decisivo ho voluto riunire in consiglio i pari di Francia, per sentire le loro opinioni.

Mentre Carlo sta parlando, la luce si abbassa fino a restare un barlume appena visibile. Si provvederà intanto a cambiare il fondale e la scena. Una musica maestosa accompagnerà il cambio di scena.
Uno alla volta entreranno i paladini e il vescovo Turpino. Suoneranno le trombe e una musica regale si farà sentire in sala. L’esercito carolingio campeggia davanti a Cordova, che si vede sul fondale. Tutto si sistema per il consiglio di guerra che si svolge in giardino.







Scena II
Carlo, il vescovo Turpino, il vecchio Namo, il conte Orlando, Oliviero, Astolfo, Gano, Aquilante e Anselmo.

Carlo: Turpino, pastore di Cristo e mio vescovo, e tu, conte Orlando, il più prode fra i miei cavalieri, e anche voi miei paladini, Aquilante, Anselmo, Astolfo, Gano, Oliviero, (i paladini nel sentire il loro nome faranno un inchino) valorosa stirpe di Francia, e tu Namo, compagno di tante battaglie, ascoltate: vi ho riuniti in consiglio per decidere ciò che dobbiamo fare contro i saraceni. Il re Marsilio, comandante della guarnigione di Saragozza, che ancora valorosamente ci resiste, ha mandato ambasciatori per chiedere tregua e pace. Io dunque vi chiedo: dopo tante vittorie volete continuare ancora la guerra finché il nemico non sia completamente sottomesso oppure vogliamo accettare l’invito di Marsilio a deporre le armi e a ritirarci nelle nostre terre?

Orlando: Mio re e mio signore! Siamo venuti fin qui non per fuggire come pavide donnette ma per liberare la Spagna dal paganesimo e riportare la croce di Cristo sopra i campanili delle chiese. Perché dovremmo ritirarci proprio ora che siamo all’ultimo assalto? La vittoria non può sfuggirci! Abbiamo un esercito di valorosi soldati, pronti a morire per Cristo e per il loro Re. Guerra deve essere e guerra sia! Questo è il pensiero di Orlando!

Aquilante, Anselmo, Olivieri: Guerra, guerra!

Turpino: Dice bene Orlando quando afferma che siamo venuti fin qui per riportare la Spagna a Cristo. È questo il nostro scopo, l’alta missione alla quale Dio ci ha chiamati. Ma Dio non vuole che si sparga sangue inutilmente, neanche quello dei pagani. Se un’altra strada si può percorrere verso la conquista cristiana della Spagna, senza più lotte e morti e dolore, questa la nostra coscienza di cristiani ci impone di percorrere fino in fondo. Ascoltate dunque la mia proposta. Sia mandato un messaggero a Saragozza, da Marsilio, con il compito di concordare la tregua a patto che lui e tutti i pagani di Spagna si convertino al cristianesimo. Se riceveranno il battesimo noi avremo raggiunto pacificamente il nostro intento e non ci sarà guerra. Se Marsilio non accetterà queste condizioni, allora si continui l’assalto a Saragozza.

Gano: La proposta del nostro vescovo mi pare sensata; e Marsilio non è uno stupido e sa quando deve cedere. Sia inviato dunque un ambasciatore a Saragozza con la proposta di Turpino.

Namo: Io sono d’accordo con Gano. Sono sette anni che siamo fuori dalle nostre case e molte madri francesi hanno pianto i loro figli. Fino a quando dovremo combattere e morire? Voi, o sire, avrete sulla coscienza il sangue di questi coraggiosi e non potete distruggere un esercito allorché vi viene fatta una proposta di pace. Quale onore si difende nell’uccidere i nostri fratelli, anche se credono negli idoli o in altri dei o in un dio molto simile al nostro ma che porta un altro nome? Io sono vecchio e il mio braccio è debole e insicuro. Non posso seguirvi nella battaglia; ma posso consigliarvi, perché ho vissuto molte esperienze e ho conosciuto molti uomini. Il bene o il male non stanno da una sola parte ma si mescolano e convivono in ogni popolo, anche nella stessa persona, come due serpenti che si combattono. La saggezza di ogni uomo risiede nella scelta del bene e della verità. Ora è stata una scelta buona e vera quella di ricondurre a Cristo il popolo spagnolo, ma non sarebbe altrettanto buono e santo perseverare nella vendetta e nella guerra quando sia caduto ogni motivo di contesa.

Carlo: Namo, mio vecchio e saggio amico! Le tue sono parole giuste e voglio prendere il tuo consiglio. Sia scelto un messaggero tra di voi che vada da Marsilio a portare le nostre condizioni.

Orlando: Maestà, ho combattuto mille battaglie nel vostro nome e ho sempre vinto. Ora perché non avete più fiducia in me? Datemi un esercito e abbatterò le mura di Saragozza, metterò le catene al vile pagano e alzerò il vostro vessillo sulla torre più alta della città.

Carlo: Orlando… Orlando! Un re non governa solo con la spada ma anche con la saggezza. Le parole di Turpino e di Namo mi sembrano sagge e io le seguirò. Conserva dunque la tua baldanza per le altre imprese che ti aspettano. Vuoi essere tu il mio messaggero?

Orlando: Sire, come potrei essere io portatore di pace se nel mio cuore c’è il tumulto dell’ira contro i pagani? Non sarei un buon ambasciatore e potrei fare qualche gesto insensato. Inviate invece Gano di Maganza, che ha accettato la proposta di Turpino ed è pure un valoroso guerriero. Sia concesso a lui l’alto onore di rappresentarvi nella trattativa.

Gano: Perché il mio figliastro Orlando ha fatto il mio nome? Non sa egli che chiunque sia andato da Marsilio per portare ambasciate non è più tornato? Vuole forse Orlando la mia morte?

Orlando: Tu solo, Gano, puoi andare. Tu sei forte e scaltro, sai parlare bene e hai buone possibilità di riuscita. Chiunque di noi non riuscirebbe nell’intento. Hai forse paura?

Gano: (rivolto verso il pubblico, sottovoce) Orlando certamente mi odia come io odio lui. Egli, il grande eroe, non vuole andare perché sa di trovare morte sicura.

Carlo: Gano, Orlando ha ragione. Tu mi sembri il più adatto. Il tuo valore è indiscutibile e io ho piena fiducia in te.

Gano: Non sono un vile e non ho paura di affrontare il nemico. Se è questo il volere del mio signore, questo io farò!

Carlo: E questo sia fatto. Preparati a partire, conte Gano. (Escono tutti, tranne Gano).










Scena III
Gano.

Gano: O luna placida e silente, tu mi sei testimone. Le parole di Orlando sono la mia condanna a morte, ma non tutto è ancora finito. Se rivedrò la mia dolce terra, il mio figliolo amato e la mia donna, giuro che mi vendicherò di Orlando. Gli restituirò questo “favore” e sarà per mandarlo a morte sicura, come egli ha voluto per me. Addio, miei amici e miei affetti più cari, io vado a Saragozza, nei palazzi del nemico che fino a ìeri ho combattuto, ma un destino oscuro mi attende; più oscuro di questa notte che mi opprime con la sua tenebra.
(Esce di scena.)






Scena IV
Marsilio, Aelrotte, Falsarone, altri saraceni riuniti in consiglio.

La corte di Marsilio, a Saragozza. È giorno.

Marsilio: Principi e nobili d’Asia e d’Africa. Abbiamo ricevuto da Re Carlo di Francia un messaggero che porta le condizioni per una tregua fra i nostri eserciti. Sette anni di lotte e di battaglie hanno stremato i nostri uomini e se ci viene offerta una pace onorevole io intendo accettarla. Vi prego dunque di ascoltare l’ambasciatore di Carlo.
Sia condotto l’infedele alla nostra presenza.






Scena V
Detti e due pagani che conducono Gano davanti a Marsilio


Marsilio: Parla, dimmi cosa vuole il tuo Re.

Gano: O grande condottiero, generoso e potente signore. Io sono Gano di Maganza e porto i sacri segni del messaggero. Qualunque cosa io dirò sarà come se l’avesse detta Carlo, re di Francia. Rispetta dunque la mia persona.

Marsilio: È forse l’onore dei saraceni inferiore a quello dei cristiani? Parla liberamente e non ti sarà fatto alcun male.

Gano: Le condizioni di Carlo per il ritiro delle sue truppe sono queste: convertitevi al cristianesimo, accettate il battesimo di Cristo e l’esercito francese lascerà il campo e la terra di Spagna.

Marsilio: Pazzo, pazzo! Il tuo re è pazzo. Queste non sono condizioni accettabili!

Gano: Possono diventarle se accettate solo per finta.

Marsilio: Cosa vuoi dire. Parla.

Gano: Fate finta di accettare il battesimo e Carlo intanto si allontanerà con il grosso del suo esercito. Resterà solo una piccola retroguardia insieme al vescovo Turpino per dare il battesimo a voi e alla vostra gente. In questa retroguardia ci saranno i paladini di Carlo, i suoi più fedeli e forti guerrieri. Voi li assalirete e li ucciderete tutti, perché sono loro che lo istigano alla guerra. Carlo subirà un colpo tremendo e accetterà la pace che voi vorrete offrirgli, alle vostre condizioni.

Marsilio: E voi fareste tutto questo? Perché? Cosa volete in cambio?

Gano: Mi ricompenserete a cose fatte. Io voglio la morte di Orlando e dei suoi compagni paladini. Senza di loro re Carlo non se la sentirà più di combattere e sarà un re debole e insicuro.

Aelrotte: E io potrò finalmente bagnare la mia spada nel sangue di Orlando. Solo il rumore del mio ferro si udrà in battaglia e ogni infedele sarà punito per l’oltraggio a Macone.

Falsarone: Aelrotte, trattieni il tuo impeto e sappi che Orlando è un valoroso guerriero. Tu dovrai essere molto forte e abile per poterlo abbattere. E tu, Gano di Maganza, non sei degno di chiamarti cavaliere. I traditori non sono ben visti neanche nei nostri accampamenti. Tuttavia la guerra ci induce a usare anche i vili come te e la tua proposta mi sembra proficua per i nostri scopi. Marsilio, fratello mio, io sono d’accordo; facciamo come dice Gano.

Marsilio: Bene, conte Gano! Vi darò degli ostaggi e le chiavi della città. Portateli al vostro re e ditegli che Marsilio e i suoi generali accetteranno il battesimo dalle mani del vescovo Turpino a Roncisvalle. Voi assicuratevi che nella retroguardia vi siano tutti i paladini, compreso Orlando.

Gano: (emette una risata stridula) Sarà così. Ora vado.





Scena VI
Re Carlo, il vescovo Turpino, Orlando, Olivieri, Gano e il vecchio Namo.

Accampamento di Carlo. È giorno.

Carlo: E così Marsilio ha accettato tutte le nostre condizioni! Humm …! Non ne sono molto convinto. Chi ci assicura che manterrà la parola?

Gano: Sire, ve lo posso assicurare io stesso. Marsilio vi ha rimandato liberi molti prigionieri, vi ha inviato regali e tributi in denaro e in stoffe preziose, vi ha rimesso le chiavi della città in segno di completa sottomissione. Cosa avrebbe potuto fare di più? Io stesso mi faccio garante del suo leale operato. Marsilio vuole prendere il battesimo insieme alla sua corte ma teme l’insorgere dei suoi nemici a Saragozza. Mi ha pregato quindi di incontrare il vescovo Turpino da solo, fuori dalla città, presso il valico di Roncisvalle, per la cerimonia del battesimo.

Carlo: Bene! Faremo in questo modo. Tutto l’esercito si ritirerà oltre i Pirenei mentre una nutrita retroguardia con i miei paladini ci coprirà le spalle proprio a Roncisvalle, dove aspetterà con il vescovo il pagano Marsilio e la sua corte. Ora si tratta di scegliere il comandante della retroguardia.

Gano: Maestà, chi volete che possa guidare la retroguardia se non Orlando? Non è egli il più valoroso fra tutti, il più intrepido e ansioso di combattere. Tocca a lui il comando!

Carlo: Gano, tu sai quanto sia pericolosa questa missione. Perché dovrei rischiare la vita del migliore dei miei paladini?

Gano: La vita di un cavaliere appartiene al suo re. Io vi ho dimostrato la mia fedeltà e il mio coraggio. Ora tocca a Orlando.

Orlando: Le parole di Gano sono subdole ma veritiere. Nascondono un sotterfugio che fa apparire falso tutto quello che dice. Tuttavia ha ragione quando afferma che la vita di un cavaliere appartiene al suo re. Per questo, sire, concedetemi l’onore di guidare la retroguardia e di proteggere le vostre spalle. Se sarà necessario tingerò di sangue pagano le pietre di Roncisvalle.

Carlo: E sia come tu vuoi! Solo una cosa promettimi: se dovessi essere attaccato dall’esercito di Marsilio, suona l’Olifante e io accorrerò con tutte le forze. Ed ora che Iddio, per il quale abbiamo cominciato questa santa impresa, ci conceda la sua protezione e il suo beneplacito. (Escono tutti tranne Orlando).






Scena VII
Orlando
Si smorzano le luci mentre Orlando si inginocchia e prega

Orlando: O Dio benigno e santo, a quale impegno sovrumano tu mi chiami? Perché un triste presagio appesantisce il mio cuore e il mio corpo si sente svuotato? Tuttavia, così come avvenne per il tuo Figlio nell’ultima notte della sua vita mortale, sia compiuto il disegno che per me hai deciso, o Padre santo e caro.





Scena VIII
Orlando e Alda, la sua fidanzata.

Alda: Orlando, Orlando, mio caro. Ho saputo il comando del re e tremo per questa missione. Ho un brutto presentimento. Ti prego, non andare; che sia un altro a comandare la retroguardia. Tu hai combattuto tante volte per il re; egli esaudirà questa richiesta se tu gliela chiedi.

Orlando: Oh, Alda… dolcissima fanciulla, amata più di ogni altro bene, desiderio e spasimo del mio cuore. Tu sai quante volte abbiamo sognato i giorni che dovremo passare insieme; quante promesse ci siamo fatte e quanto amore trabocca dai nostri cuori. Ma tu vorresti che il tuo Orlando, che non conosce viltà o rinuncia, cancellasse del tutto il suo onore per paura o per inseguire un sentimento d’amore che, anche se è forte e grande, non potrebbe mai lavare l’onta che gli arrecherebbe? Io sono un cavaliere e un paladino e ho prestato giuramento di fedeltà a Cristo e al mio Re. Come vuoi che possa venir meno a questo impegno?

Alda E con me non ti sei impegnato in un patto d’amore? Io voglio un uomo vivo, non un eroe morto. Tu mi parli di fedeltà, di onore, di fede. Ma queste parole esigono prezzi alti e crudeli, vogliono dolore e morte. No, Orlando. Io ti parlo solo d’amore, senza chiederti nulla che non sia possibile ad ogni uomo. La pace, Orlando, la felicità di una famiglia e di un sentimento buono e semplice, come quello che io ti porto. L’onore è una parola vuota che voi uomini riempite del vostro orgoglio e della vostra arroganza.

Orlando Alda, non mi tentare! Cos’è l’uomo senza fede e senza onore? Tu lo sai: la mia scelta è giusta, il mio sangue è puro, la mia fede è piena!

Il volto di Orlando si illumina. Una forte luce esplode nella scena e per un momento non si vede più nulla. La musica si alza fino al calare del sipario.





























SECONDO TEMPO



















Prologo

Menestrello: È l’alba del 15 di agosto
dell’anno del Signore 778.
Un’alba luminosa e calda che tinge
di gioia le cime dei monti
e scaccia con la sua aurora
le ultime ombre della notte.

Orlando, con i dodici Pari di Francia,
gl’invincibili paladini,
e le truppe scelte degli scariti,
soldati esperti e prodi
è accampato nel passo di Roncisvalle,
in attesa di Marsilio.

Sulle cime del valico
dietro ogni roccia e albero
si nascondono i pagani.
Tutti attendono con ansia
che il sole si alzi
e illumini il campo di battaglia.




Scena I

Una tenue luce rischiara la scena. Entra la Morte. Parla lentamente.

Morte: È il mio giorno! Entrate nel mio santuario! Vi mostrerò il mio trionfo, la mia gloria di tenebra. Chi di voi che ascolta le grida e il pianto degli eroi potrà mai giudicare un bene l’aver combattuto per un sogno? È forse un sogno di Dio questo voler battezzare tutti a una fede? O è un sogno degli uomini che servendosi di Dio vogliono soggiogare popoli e terre per fame di ricchezze e di potere?
Entrate nel mio santuario e vedrete il fratello che uccide il fratello, il sangue del cristiano e del saraceno che si mischiano nel fango della terra, rosso l’uno e rosso l’altro, e chiedono pietà e invocano le madri e piangono come figli abbandonati. Oh, la guerra! Atroce illusione!
(La Morte esce di scena)




Scena II
Orlando e Olivieri

(Una tenue luce rischiara il passo di Roncisvalle, La luce a poco a poco si farà più intensa. Orlando entra e si rivolge a Oliviero che ha fatto la sentinella per tutta la notte.)


Orlando: Oliviero, è già l’alba e vedo un luccicare di metalli oltre quei massi.

Oliviero: Sono le armature dei nemici che luccicano ai primi raggi. Guarda, anche da quest’altra parte e da questa e poi più in là, dietro gli alberi. Per tutta la notte si è sentito un rumore d’armi e di metalli. Saranno moltissimi e non sono certo qui per essere battezzati. Siamo stati traditi! Orlando, suona l’Olifante e fai accorrere l’esercito di Carlo.

Orlando: Non ti riconosco più, cognato. Hai forse paura di combattere? Non sei stato accanto a me in tutte le battaglie che abbiamo vinto? La mia Durlindana saprà rendere giustizia di questo tradimento. Noi abbiamo ragione e loro hanno torto! Ecco arrivano, combatti per la gloria di Cristo e del nostro Re.









Scena III
Orlando, Oliviero e due saraceni
(Entrano due saraceni e i quattro combattono, due per parte. Nel fondale bianco potranno scorrere le immagini di film di guerra)

Orlando: A me vile pagano. Difenditi dalla mia spada!

1° Saraceno: Non basta una spada per difenderti dalla mia ira. Ti ucciderò, nel nome di Macone, il mio Dio.

Oliviero: Ti hanno forse detto che i cristiani sono dei codardi? Vieni avanti, faccia di oliva fradicia; ti passerò da parte a parte come un pollo.

2° Saraceno: Prega il tuo falso Dio, cristiano! Io ti darò la morte e ti taglierò pure la lingua.
Dopo aspro combattimento muoiono i due saraceni



Scena IV
Orlando, Oliviero e altri due saraceni

Entrano altri due saraceni che dopo un violento scontro sono abbattuti anch’essi.

1° Saraceno: A chi dovrò tagliare la testa, o vili cristiani? Per Macone
e per Marsilio! A noi!

Orlando: A me, sbruffone! Eccoti un colpo della mia spada! Muori! (Orlando uccide il saraceno)

Oliviero: (sta combattendo con l’altro saraceno) Canta la mia spada Altachiara nella battaglia come usignolo nella foresta. Canta ed è voce di morte che s’abbatte sui vostri corpi, infedeli e sbruffoni, canta e cerca giustizia. Difenditi, e muori! (Olivieri uccide il secondo saraceno)




Scena V
Astolfo, Orlando e Oliviero. Poi un gigante saraceno.

Entra Astolfo e si unisce ai paladini. Entra un gigante saraceno e combatte contro Astolfo. Duro e violento è il cozzare degli scudi e delle spade ma Astolfo avrà la meglio. Durante i duelli devono sentirsi grida e invettive, parole di sfida e di sarcasmo.

Astolfo: Ecco un gigante africano. Lasciatelo a me.

Gigante: (Ride e sbruffa). Mi fai ridere, verme. Questa sera mi sazierò con le tue carni. (Astolfo uccide il gigante).

(Astolfo e il gigante combattono valorosamente. Astolfo avrà la meglio. I combattimenti potranno protrarsi a volontà. Quando si riterrà di avere combattuto a sufficienza e sul terreno saranno rimasti i corpi dei pagani, Orlando parlerà)

Orlando: Basta così! Il primo assalto è stato respinto! Ora provvedete a portare via i corpi di questi vili adoratori di Macone. Questo è il prezzo della falsità e dell’arroganza! Prepariamoci a un altro assalto. Tu, Astolfo, copri il lato sinistro e tu Olivieri guarda la parte destra.

(Escono tutti e i corpi dei saraceni caduti saranno trascinati via. La scena si oscura e si illumina la sala dove è ubicato il menestrello).














Menestrello:
O Morte! Questi corpi ti appartengono!
Tu non conosci differenze
di pelle, di fede, di terra.
Non conosci il tempo e lo spazio
che separano le storie degli uomini
perché una è la storia e uno il destino.






Scena VI
Orlando, Olivieri

Entrano Orlando e Oliviero. È il secondo assalto.

Oliviero: Orlando, tutta la vallata brulica di soldati e di cavalieri pagani; non possiamo resistere da soli! Suona il corno se non vuoi che moriamo inutilmente.

Orlando: Cosa dici in quest’ora suprema di gloria e di esaltazione? A un cavaliere non fa paura la morte perché gli è stata compagna per troppo tempo e la riconosce come amica. Te l’ho detto: noi abbiamo ragione, Oliviero, perché Dio è con noi.
(Si sente un frastuono lontano che aumenta sempre di più. E’ un rumore di metalli, di voci e di grida, di calpestìo di cavalli e di piedi. Succede l’urto con i paladini Orlando e Oliviero. Durante i duelli utilizzare luci a intermittenza per rendere più veloce il ritmo)


Scena VII
Detti, Aelrotte, Falsarone e altri saraceni

Aelrotte: Orlando, incrocia la tua spada con la mia! Io sono Aelrotte, nipote di Marsilio e il più valoroso dei suoi guerrieri. Ti ucciderò come un cane; taglierò la tua testa e la porterò in omaggio al mio re. Tutti devono sapere del valore di Aelrotte e tutti tremeranno nel vedermi, da oggi in poi.
Orlando: Sei solo uno sbruffone, vile pagano! Prendi questo fendente, e vedrai com’è pesante e dura la mano di Orlando, come la sua Durlindana che ti spaccherà in due!

Il combattimento fra i due è duro e violento. Alla fine Orlando uccide Aelrotte. Intanto Falsarone sta combattendo con Oliviero.

Falsarone: Vile d’un cristiano. Sappi che stai incrociando la tua spada con Falsarone, fratello di Marsilio e signore di molte terre moresche, da tutti conosciuto per il suo valore. Sarà questo il tuo ultimo giorno terreno. Prega quel tuo Dio per il quale stai combattendo e vedremo se ti salverà dalla morte.

(Falsarone ferisce Oliviero ma questi con un colpo di spada farà saltare la testa al saraceno).

Oliviero: Così finiscono i nemici di Cristo e del grande Carlo!


Si susseguono altri duelli che vedono sempre vincitori i cristiani Orlando esce di scena mentre entrano di volta in volta i cristiani e i pagani, i primi da destra e i secondi da sinistra. I duelli saranno intensi e veloci. Sul campo resteranno diversi corpi di cristiani e di saraceni. Rientrano Orlando, Oliviero, e il vescovo Turpino.



Scena VIII
Orlando, Oliviero e il vescovo Turpino)

Turpino: Orlando, siamo tutti allo stremo delle forze. Molti dei nostri uomini sono caduti e sono rimasti solo sessanta cavalieri contro un esercito ancora forte e numeroso. Non possiamo farcela. Hanno già attraversato metà del passo e scendono pure dalle alture e dalle grotte; vengono da tutte le parti. Suonate il corno, conte Orlando, finché siamo in tempo.

Oliviero: Illuso che siete, vescovo Turpino! Ma lo immaginate il più grande paladino di Francia che implora aiuto perché non è riuscito a sconfiggere il nemico? Cosa diranno il Re e tutti i principi di Francia? L’invincibile Orlando ha chiesto aiuto come un bambino? Questo diranno! Il nostro Orlando è troppo fiero e non vuole ammettere la sconfitta. Questa è l’ora della gloria e dell’esaltazione! Non è vero, Orlando?
Questa è invece stoltezza e non coraggio! Non senti la stanchezza e la fatica che induriscono i tuoi muscoli? Sei proprio sicuro che Dio voglia la nostra morte, sei proprio sicuro che noi abbiamo ragione?

Orlando: (con fare ieratico e solenne, rivolgendosi a Dio). O Dio degli eserciti e degli eroi. Perdona la debolezza della nostra carne. Siamo ridotti allo stremo e non potremmo più sostenere un altro urto. Suonerò Olifante e chiamerò Carlo in aiuto. Olifante, fai sentire la tua potente voce! Valica le montagne e le vallate, oltrepassa i fiumi e i boschi, corri veloce di fratta in fratta, con le ali del suono che chiama a soccorso. Il mio Re ascolterà e capirà. (Suona con fatica). Come è cupo questo suono! Un lamento di lupo che ulula nella notte. Datemi, o Santi del Paradiso, la forza di soffiare un vento maestoso in questo corno, come il maestrale che sferza gli alberi nel freddo dell’inverno. (Suona di nuovo e si sente un suono più forte). Raccoglietevi tutti attorno a me, paladini, facciamo quadrato per resistere all’urto. Verrà Carlo, l’esercito starà già muovendosi verso di noi. Olifante, affidiamo a te la nostra salvezza
(Suona per la terza volta ancora più forte, poi si rivolge al vescovo Turpino)

Orlando: Turpino, benedici le nostre anime, perché il tempo della nostra fine è vicino. Prega il Dio degli eserciti di farci entrare nelle sue schiere come soldati e come santi.

Turpino: Iddio sa di questo sacrificio e non abbandona mai le sue creature. Tuttavia sia benedetto questo suolo di martirio e siate benedetti anche voi, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Si sentono a questo punto grida e frastuono di lamiere. Entrano i pagani e succede uno scontro intenso. Cadranno molti corpi, finché dopo lungo combattimento resterà solo Orlando, morente. Si trascina verso un grande masso alla base del quale è disteso Oliviero, morto. Orlando lentamente si avvicina e solleva da terra l’amico.




Scena IX
Orlando

Orlando: Oliviero… Oliviero! Perché non sento più la tua voce amica? Ahhh, morte, vieni anche per me, ora che la gloria di Francia è stata spenta per sempre! Alda, amore mio sfortunato che in un giorno solo perdesti fratello e amante, fanciulla di dolore, piangerai per sempre questo triste momento. Oliviero, avevi ragione tu. Avrei dovuto suonare molto prima il corno. Ora non c’è più tempo e il nostro Re troverà solo una montagna di corpi. Stolto! Pazzo che sono stato! Ho voluto io questo lauto banchetto per la morte.

Si adagia sopra la roccia, sotto un pino, con il viso verso la Spagna. Tiene la spada in una mano e nell’altra il guanto.

Orlando: Durlindana, qui finisce la nostra sacra inchiesta, la strada è giunta alla meta che Dio ci ha assegnato. Abbiamo combattuto in molte terre e abbiamo glorificato sempre l’onore dei cavalieri. Dio e il Re, questo il nostro motto, la bandiera che ci ha guidati.
Ora, mia spada santa e bella, tu che nel tuo pomo dorato racchiudi quattro reliquie, un dente di San Pietro, il sangue di San Basilio, i capelli di San Dionigi, un lembo della veste di Maria, a te ora chiedo l’ultimo favore: spezzati, o Durlindana, affinché nessuno più ti impugni e ti alzi nell’aria come uno scettro regale. (Batte la spada nella roccia ma non si spezza). Oh, Durlindana! Tu non ti spezzi perché fosti forgiata nel fuoco dei vulcani, col metallo più duro che la terra abbia mai partorito. Ti nasconderò sotto il mio corpo affinché Carlo possa trovarci insieme e insieme seppellirci.
Dio, tu che mi guardi dal trono più alto, concedimi il tuo perdono. Tu, signore potente e vero, che hai mandato il tuo unico Figlio per indicarci la via della giustizia e della misericordia, guarda ora verso quest’altro tuo figlio che muore pronunciando il tuo nome. O padre vero, che giammai mentisci, tu che resuscitasti Lazzaro da morte e Daniele salvasti dai leoni, salva l’anima mia da tutti i pericoli per i peccati che in vita mia commisi. (Alza il guanto) Ecco, o Padre buono, ecco il mio guanto, segno del mio stato e del mio onore. Sia lode a te! (Si accascia e muore).





Scena X
La Morte, i tre Angeli (pupi)

Entra la Morte e raccoglie alcuni corpi e li porta fuori. Quando sta per prendere il corpo di Orlando una luce intensa avvolgerà quel corpo. La Morte si scosta e si vedranno tre angeli: uno raccoglierà il guanto e gli altri due raccoglieranno lentamente il corpo esanime di Orlando. Lo portano verso il proscenio e lo alzano al cielo per far capire che quel corpo santo ascende in paradiso. Si sentirà un forte frastuono come di terremoto; lampi e tuoni squarceranno la terra e una lingua di fuoco si alzerà dal fondale. Sulla scena resteranno molti altri corpi. Torna il sereno e si vedrà un sole pallido. È sera.
Tutta questa scena è pensata per l’ingresso di attori-bambini (gli angeli); tuttavia, se si vuole fare con i pupi bisogna trovare gli accorgimenti giusti per far librare in aria il corpo di Orlando.



Epilogo

Menestrello:
Si consuma il giorno, lentamente;
si spengono i bagliori delle armi
tace il suono delle spade
s’avanza l’ombra della sera
per nascondere fiumi di sangue
che scorrono di pietra in pietra.

Chi avrà pietà di questi corpi
disfatti dalla morte, chi ne comporrà
le membra e poserà sui fossi una croce
e reciterà pietoso una preghiera?
Verrà presto Carlo e ascolteremo
il suo lamento di padre disperato.

O sole, mano pietosa di Dio, non calare
senza che questi miseri
abbiano potuto avere sepoltura.
Fermati ancora un poco, o sole d’oro,
fermati e aspetta che nel grembo della terra
scendano i corpi di questi eroi sventurati.

(Il sipario si chiude lentamente. A questo punto dovrà scendere un telo bianco su cui saranno proiettate immagini di guerra e di terrore, accompagnate da una musica sacra – un canto gregoriano o qualcosa di simile – mentre il Menestrello continua il suo monologo.)

Ora tutto è compiuto! Scenda
la tua mano di misericordia
su Roncisvalle,
Dio di cristiani e musulmani!
Perché tutto è stato compiuto
invocando i tuoi santi nomi!

Scenda, o Altissimo, il tuo perdono
sulla follia degli uomini
che per stupida gloria
o sete di potere o illusa chimera
in ogni tempo e in ogni luogo
impugnano le armi.

Si spegneranno tutte le luci
FINE

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