mercoledì 19 marzo 2008

ARTE E LETTERATURA



SALVO MONICA

SCULTORE E POETA

LUCI DEL TRAMONTO
Poesie 1999- 2007

Morrone Editore in Siracusa - 2007

(Conferenza tenuta da Corrado Di Pietro il 18 marzo 2008 nel salone del Palazzo della Cultura a Siracusa)



1 - L'arte come condizione di vita

Salvo Monica è uno di quei pochi artisti che hanno orientato la propria vita all’arte, non tanto all’arte come tecnica ma all’arte come conoscenza. La strada dell’arte è la strada della conoscenza, del percorso spirituale e introspettivo che si manifesta nella ricerca delle forme e degli esiti artistici.

Quante volte Monica, Lucca ed io, abbiamo parlato delle correlazioni esistenti fra arte e vita; parafrasando il grande tema medievale del rapporto fra vita e cavalleria, si può capire anche la riflessione di Monica sull’intimità connessa alle due dimensioni dell’essere: la dimensione dell’arte che contiene una visione del mondo ricca e variegata e la dimensione dell’esistenza che abbraccia la storia personale dell’artista e della collettività entro la quale l’artista stesso vive la sua vita. Questo forte legame fra arte e vita, di stampo rinascimentale, ha connotato i sentimenti, i pensieri, le accensioni fantastiche e le prostrazioni di Monica, il quale ha sentito nella sua stessa natura i piaceri e i tormenti della creazione artistica.


2 - L’arte come natura
Ma allora l’uomo nasce artista, così come nasce commerciante o scienziato?
Sì. L’uomo nasce artista. Monica affermava che ogni tanto il buon Dio, per dare un impulso forte e deciso allo sviluppo delle civiltà umane, fa nascere sulla terra un poeta o un pittore o uno scienziato o un filosofo di così grande ingegno da trascinare l’intera conoscenza umana in avanti, per un lungo tratto, quasi saltellando, per avvicinarsi sempre di più alla conoscenza ultima, all’Assoluto. Sta all’uomo stesso scoprire questa sua vocazione e seguire con dolcezza questa inclinazione all’arte.
La natura dell’arte risiede quindi nella natura stessa dell’artista perché l’arte è intrisa di concretezza e di fantasia, di materia e di spirito, di ricerca e di avventura, proprio come la natura dell’uomo. Ma questa natura dell’artista non appartiene solo all’uomo. Dio, creatore di tutte le cose, continua sempre la sua opera di creazione e aggiunge alla natura di questi uomini particolari ed eccezionali un po’ della sua sapienza.
Entriamo, per questa strada, nell’inestricabile foresta del destino dell’uomo. Se l’uomo partecipa, attraverso l’arte, della natura stessa di Dio, com’è possibile che in lui possa sorgere ed espandersi il seme del Male? Questo interrogativo è alla base di tutta la poetica di Monica, sin dagli inizi del suo verseggiare, come un’ossessione sotterranea, spirituale e filosofica, che si palesava soprattutto nella poesia ma che aveva anche esiti importanti nelle sculture e nei disegni sulla Bibbia.
Se c’è dunque il Male, sotto forma di seconda natura e di peccato di origine, e se c’è anche il Bene, sotto forma di tensione artistica che proviene da Dio, allora l’animo umano è un campo di battaglia dove si scontrano queste due nature e dove non sarà mai possibile trovare pace.
Questo dualismo ontologico e questa lotta di sentimenti e di visioni, ha condizionato molto Salvo Monica, non solo come uomo, imprimendogli quell’aura di mestizia e di serioso contegno che lo ha contraddistinto soprattutto negli ultimi anni, ma anche come poeta, suscitando in lui l’esigenza di una liberazione, di una purificazione per abbandonarsi all’Assoluto.
Ed ecco rifugiarsi ancora una volta nel grembo dell’arte, lui che aveva il dono di rappresentare le sue immagini nello spazio tridimensionale attraverso le sculture, in quello figurativo bidimensionale dei disegni e in quello immateriale della parola poetica.

3 - L'arte come percorso spirituale e catarsi
Allora l’arte diventa un percorso spirituale, una esplorazione del nostro cuore e della nostra mente, si fa terapia dei tanti malesseri interiori o rappresentazione dei desideri e delle allucinazioni dell’uomo.
Van Gogh scese negli abissi più profondi del suo essere e li rappresentò in una pittura drammatica e forsennata; Leopardi sublimò la propria sofferenza con la purezza della sua poesia; Manzoni incanalò la natura maligna dell’uomo nei grandi sentieri della Provvidenza Divina; Baudelaire vacillò sempre fra bene e male e svelò tutte le sozzure che giacciono in fondo al cuore dell’uomo; Lorca ammantò di ardite immagini, di suoni e di colori mai visti nella poesia, il sentimento del Fato che incombe su ciascuno di noi, Ungaretti riscattò il dolore dell’uomo attraverso la fede e la speranza cristiane; Montale rimase ancorato al senso laico della vita, senza illusioni e senza certezze ultraterrene.
Non c’è artista, vero artista, che non abbia viaggiato in questi territori dell’anima. Monica ha conosciuto le filosofie orientali, ha pensato alla reincarnazione come a un possibile percorso di salvazione, ha assaporato voluttuosamente le teorie antroposofiche di Rudolf Steiner, ha bevuto alle sorgenti poetiche di Tagore e di Gibran: da queste fonti ha tratto la convinzione che la vita è una tensione continua verso la Luce, la Perfezione, l’Assoluto, tutti termini che identificano Dio, quel Dio delle teologie orientali e delle grandi religioni monoteistiche, fino a giungere al Dio dei cristiani che negli ultimi decenni della sua vita rappresentò, attraverso una minuziosa lettura della Bibbia, la sfida più alta della sua arte. L’illustrazione della Bibbia, con oltre 80 disegni, rappresenta l’intera parabola umana, spirituale ed artistica di Salvo Monica. Rappresenta il suo cammino finale, ora lento e drammatico per le numerose soste nelle contraddizioni del mondo (la guerra, la fame, l’odio razziale, la sofferenza) ora svelto e leggero, sospinto dagli angeli e dagli spiriti eletti.
L’arte ha condotto Monica a una catarsi, a un cambiamento di stato, a una metamorfosi di pensiero e di spirito, l’ha allontanato a poco a poco dalla vita, allentando i legacci che lo trattenevano alle passioni e ai sentimenti, persino alle amicizie e agli ideali; trasportandolo verso quei cieli nuovi e terre nuove che ha sempre agognato di visitare.
Negli ultimi tempi, per una strana declinazione della sua stessa natura, ormai stanco, emaciato e scarno ha cominciato ad assumere sempre più i connotati di alcuni suoi personaggi: s’è fatto Lazzaro che si alza appena dal giaciglio, come appare in quello struggente gruppo bronzeo che sta nel cortile dell’Ospedale di santa Marta a Catania; s’è fatto Cristo, quel suo Cristo esangue ma ieratico, che vediamo in tante sculture e in tanti disegni; le sue mani si sono affusolate e alleggerite come quelle del Cristo che abbraccia la croce in un suo stupendo disegno; la sua natura, avvicinandosi alla fine, si toglieva di dosso le scorie dell’antico malessere esistenziale.
La sua poesia intanto proseguiva nel cammino della catarsi spirituale, anche se non arrivò mai, Monica, alla totale liberazione.


4 - L'arte come estetica
Questa estetica dell’arte di Monica, essenziale nei tratti e suggestiva nella forte tensione formale, così connaturata alla sua stessa vita e al suo destino, non appartiene a correnti e a generi né nella scultura né nella poesia: difficile una catalogazione perché ha una dimensione spirituale raramente riscontrabile negli artisti del novecento.
La poesia appartiene a una stilistica visionaria e apocalittica, magniloquente e melodiosa. Ha qualcosa di biblico nel passo ritmico e qualcosa di orientale nella ricchezza delle immagini. Monica sosteneva che la forma non è solo involucro esterno ma Ordine, Disciplina, Equilibrio e Bellezza. L’arte ha qualcosa di divino e la sua rappresentazione deve essere una manifestazione dello spirito dell’uomo e di Dio.
Certo, questa visione dell’arte, così altera e nobile, così sublime e coinvolgente, è molto lontana dalle speculazioni materialistiche e concettuali di tanto novecento; è lontana pure da una visione popolare e massimalista alla quale si sono appassionati tanti poeti e tanti pittori; l’arte di Monica è elitaria, aristocratica, nel senso più nobile di questi termini anche se i suoi riferimenti concreti appartengono al mondo e al mondo del dolore e della sofferenza. È aristocratica nella sua concezione ma popolare nella sua espressione.

Nessun commento: